25/05/2017
Accoglienza:un esempio da seguire
E’ una novità che un nostro legislatore si metta attorno al tavolo con sindaci per regolarizzare l’accoglienza: questo è successo la settimana scorsa con primi cittadini della Città Metropolitana Milanese e il Ministro Minniti. Pur essendo un progetto che, probabilmente, presenta diverse lacune, tuttavia non va sottovalutata la buona volontà di un ministro che vuole mettere ordine in questa materia. Nel passato si erano già occupati il Ministro Claudio Martelli, l’Operazione Arcobaleno, poi la Turco–Napolitano, infine la Bossi-Fini. La buona volontà del Ministro Minniti, supportata anche dalla grande manifestazione di Milano del 20 maggio scorso, sembra prendere una strada giusta.
Al di là del reperimento degli spazi abitativi per i nuovi arrivati e, al di là degli adempimenti burocratici, come creare una atmosfera che possa rendere accettabile tale operazione?
Le ACLI hanno una loro originale esperienza in materia, infatti sono presenti in diciotto Paesi del mondo perché, a suo tempo, hanno accompagnato i nostri emigrati ad inserirsi nei nuovi contesti. Le ACLI, là, hanno costituito associazioni, in diversi casi, con l’aiuto delle Missioni Cattoliche Italiane (MCI).
Perché non tentare una analoga operazione da noi?
Il circolo ACLI di Cernusco sul Naviglio, nell’ambito della programmazione dei festeggiamenti del 70° di fondazione, ha programmato un “Incontro con l’esperienza della emigrazione italiana a Genk in Belgio” nei giorni 21 – 23 aprile scorsi e, si è constatato che, quando si facilita l’inserimento dei nuovi arrivati, questi diventano uno strumento prezioso anche nella gestione della “cosa pubblica” nei nuovi Paesi. Purtroppo però noi italiani non abbiamo conservato quella memoria storica di “quando anche noi eravamo stranieri…”: memoria da recuperare quanto prima!
Nella primavera del 1996, al circolo di Cernusco sul Naviglio, si presentano quattro albanesi accompagnati da un loro coetaneo Alberesc (sono quegli albanesi che nel quindicesimo secolo in seguito alle invasioni turche, hanno lasciato la loro patria e si sono stabiliti in alcune regioni del Sud Italia) questo gruppo chiede la possibilità di costituire un’associazione albanese nella sede delle ACLI.
Qualche mese dopo l’associazione Gergj Kastrioti Skanderbeg nasce.
L’anno seguente (1997) prende il via la Scuola di italiano per Stranieri con 170 alunni e 25 insegnanti.
L’anno dopo (1998) le tre parrocchie della città aprono un servizio di mensa e doccia una volta la settimana per coloro che non hanno una abitazione decente.
Mentre l’associazione albanese si ritrova tutte le domenche alle ACLI, il Consiglio Provinciale Milanese delle ACLI ne approva la costituzione, cosicchè diventa un vero e proprio circolo ACLI di lingua albanese.
L’anno successivo (1999) parte una delegazione del circolo per visitare i luoghi d’origine dei nostri associati albanesi.
Conclusione: oggi funzionano in Albania (a Tirana e a Scutari) i servizi delle ACLI gestiti direttamente da albanesi formati adeguatamente.
Ecco perché sarebbe interessante che ogni comune che accoglie questi nuovi arrivati, favorisse una aggregazione associativa di stranieri che avrebbe, innanzitutto, il compito di ricordare agli stessi le proprie radici e, così, facilitando il proprio inserimento nel nuovo contesto. Sarebbe opportuno poi chiedere a qualche associazione locale di fare “da madrina” alla nuova entità.
Potrebbe essere esportata una esperienza del genere?
A. L.