Fragilità lavorativa e la generazione del ‘meno’ – di Ampelio Sanson

Da tanto tempo il tema dei Giovani è assente dall’agenda politica italiana, tesa più a invocare sussidi e bonus a pioggia ma incapace di spendersi in ‘progetti’ perché carente di visione del futuro, ad iniziare dalla condizione dei Giovani.
Il rapporto ISTAT_Italia 2022 evidenzia il continuo montare della ‘fragilità’ lavorativa che aggredisce in gran parte i Giovani e ‘garantisce’ loro un futuro di povertà, inclusa una povera pensione….
Un problema che deve chiamare a raccolta il Terzo Settore, ad iniziare dalle Acli.

Tempo di lettura 3’15”


Indice degli argomenti
• La diffusione del lavoro non-standard
• Le componenti della retribuzione annuale e l’evidenza delle fragilità
• La cosiddetta quota 100 e la mistificazione verso i Giovani
• Le scelte strategiche sempre rinviate per la stabilizzazione del lavoro


La diffusione del lavoro non-standard Il rapporto Istat 2022 consente una lettura dell’evoluzione (negativa) del rapporto di lavoro in Italia, dove bisogna ricordare che l’occupazione nell’Industria pesa il 19% del totale mentre quella nei Servizi pesa il 72%. Di particolare interesse ritengo sia la lettura del 4° capitolo del rapporto: Le diverse forme della disuguaglianza – I lavoratori vulnerabili Il lavoro tradizionalmente definito come standard, cioè quello individuato nei dipendenti a tempo indeterminato e negli autonomi con dipendenti, entrambi con orario a tempo pieno, è in diminuzione. Nel 2021 la modalità di lavoro standard riguarda 6 occupati su 10.
Diminuisce il lavoro indipendente, che rappresenta un quinto degli occupati, per effetto del calo degli imprenditori, dei lavoratori in proprio (agricoltori, artigiani, commercianti), dei coadiuvanti e dei collaboratori. Aumenta il lavoro dipendente a tempo determinato soprattutto con contratti di breve durata. Quasi la metà dei dipendenti a termine ha un’occupazione di durata pari o inferiore ai 6 mesi.
La diffusione di forme di lavoro non-standard – secondo l’Istat – ha contribuito ad un peggioramento della qualità complessiva dell’occupazione, comportando anche livelli retributivi mediamente più bassi.
Le forme di lavoro non-standard pertanto, oltre a identificare una gamma vasta ed eterogenea di modalità occupazionali, si associano a una maggiore vulnerabilità dei lavoratori coinvolti, anche in termini di rischio di esclusione sociale.


Retribuzione annuale e l’evidenza delle fragilità
Per valutare compiutamente una retribuzione annuale bisogna considerare questi tre fattori:
Retribuzione oraria
intensità di lavoro (nr ore giorno_settimana)
Continuità lavorativa
Con riferimento a questi fattori, l’Istat ha svolto una vasta analisi sui modelli Uniemens dell’Inps relativi all’universo di 14,2 mil. di lavoratori dipendenti delle imprese private e dei servizi – con esclusione quindi dei dipendenti del settore pubblico, agricolo e del lavoro domestico – ed ha così individuato 8 gruppi distinti di lavoratori, da quelli con robusti livelli retributivi nel lavoro standard a quelli più fragili del lavoro non-standard, con le retribuzioni che scorrono dai 138,900€ ai 5,200€ annui (vedi tav 4.3 del rapporto Istat).
In super sintesi si rileva:

  • il valore medio delle retribuzioni annue (2021) è pari a 20.796€, – 3,7 mil. di lavoratori rientrano nella fascia di povertà con retrib. media di 8.463€_anno – 2,9 mil. di lavoratori sono sulla soglia di povertà con retrib. media di 12.776€_anno A questa platea di 6,6 mil. di persone – 46,5% dell’universo considerato, in buona parte formata da giovani, donne, del sud – si deve aggiungere quella degli oltre 3 mil di Neet, giovani con meno 35 anni: quindi, quasi 10 mil. di persone con deboli o nulle speranze per il loro futuro.
  • La cosiddetta ‘quota 100’ e la mistificazione verso i Giovani
    L’età individuale è un dato certificato ma, nel futuro dei giovani, è il complemento a 100 che ha bisogno di una sua qualificazione: per molti giovani l’unità di misura non saranno gli anni bensì saranno un mix di semestri e trimestri di lavoro. Quindi, come agire al riguardo?
    Quanta ignoranza del mondo del lavoro giovanile si vede nella descrizione di quota 100, specie quando si lascia sottintendere che il pensionato di turno lascerà il suo posto ad un giovane! I dati dimostrano il contrario, basti pensare alla quota di ‘lavori obsoleti’ che non si rimpiazzano mai più mentre si sprecano molti talenti giovanili mal orientati, quelli che non sono in grado di coprire i ‘nuovi lavori’ indotti dalla trasformazione digitale e dall’industria 4.0.
    La quota 100, così come concepita, è solo un regalo alle vecchie generazioni, quelle dei ‘diritti acquisiti’, mentre si trasforma in un ulteriore onere per le nuove generazioni > i dati della Banca d’Italia dicono che il debito italiano nel 2021 è arrivato a quota 2.680 mld: un fardello enorme per gli 11,1 mil di cittadini da 0 a 20 anni di età. 40 anni fa tale classe di età era formata da 19,0 mil di cittadini che avevano di fronte un debito che allora era pari a 750 mld di € (valore attualizzato al 2021).
  • Le scelte strategiche per la stabilizzazione del lavoro sempre rinviate

    Una prima reazione sulla fragilità lavorativa può essere quella di pensare ad una qualche forma di pensione di garanzia.
    Certamente prima della pensione è indispensabile una strategia sulle cose note ma in buona parte disattese o mal applicate, vale a dire le politiche di orientamento al lavoro attivato con specialisti già all’interno delle scuole superiori, la formazione delle competenze professionali e lo sviluppo pieno dell’apprendistato di primo, secondo e terzo livello, con azioni concrete a diffusione capillare.

  • Un compito per le ACLI milanesi
    Nel suo intervento nell’ultimo Meeting di Rimini, il card. Zuppi ha aggiunto un elogio senza se e senza ma per il Terzo Settore, per la capacità dimostrata nella pandemia nel saper interpretare la sofferenza e il disagio e lo ha indicato come “interlocutore decisivo per le istituzioni presenti e future”.
    Le nostre Acli sono in grado di coinvolgere gli esperti sul lavoro, capaci di concepire e sviluppare le adeguate strategie per il lavoro dei giovani ed il reinserimento dei fragili.
    Quindi, oltre ai convegni per promuovere conoscenza e sensibilità sul problema, a mio avviso sarebbe indispensabile abbinare un piano coordinato di manifestazioni da una parte e programmi di comunicazione dall’altra per coinvolgere l’opinione pubblica e tenere un costante ed elevato livello di attenzione sul tema, e di spinta all’azione sulla Politica.

    L’interlocutore politico sulle politiche attive per il lavoro è la Regione.

    Ampelio Sanson *
    10/10/2022

    *consigliere del Circolo Acli di Cernusco S/N con delega al Lavoro

    LINK UTILI **

    Per il download delle slide di PRESENTAZIONE del rapporto Istat del 9 lug. 2022: https://www.istat.it/it/files/2022/06/RAPANN2022_slide.pdf
    è un ottimo riepilogo per la visione di insieme con i dati chiave della situazione sociale, demografica ed economica.